L’Italia è un Paese in cui il rischio idrogeologico è particolarmente alto. Secondo l’ultimo rapporto di ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, il 91% dei comuni italiani vive nel pericolo di frane e allagamenti. Stiamo parlando di circa 50.000 km2 del nostro territorio, in cui abitano oltre 7 milioni di persone.
Si tratta di un dato che peggiora di anno in anno: rispetto al 2015, oggi la superficie a rischio frane è aumentata del 3%, mentre quella a rischio allagamenti del 4%. Oltre 550.000 edifici della penisola sorgono in zone esposte a un’elevata pericolosità. Le regioni più a rischio sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria.
Ma le minacce non riguardano soltanto persone, edifici o imprese. A trovarsi in pericolo è anche la maggiore ricchezza nazionale: il nostro patrimonio culturale. Secondo ISPRA sono infatti insidiati dal dissesto idrogeologico quasi 40.000 beni culturali localizzati in aree franabili. Altrettanti sono i monumenti a rischio inondazione.
In questo scenario, appare evidente come una delle priorità della politica nazionale debba essere la tutela delle persone, dell’ecosistema e del nostro patrimonio artistico-culturale. A tale scopo sono necessari forti investimenti in innovazione e tecnologie evolute di prevenzione e monitoraggio del territorio.
Il rischio idrogeologico nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – considera il rischio idrogeologico una delle maggiori criticità su cui concentrare azioni e risorse.
Il documento riconosce infatti che “L’Italia è caratterizzata da un ecosistema naturale, agricolo e biologico unico. Un territorio di valore inestimabile che rappresenta un elemento centrale dell’identità, della cultura e della storia nazionale, motore dello sviluppo economico presente e futuro. La sicurezza di questo territorio, intesa come la mitigazione dei rischi idrogeologici, la salvaguardia delle aree verdi e della biodiversità, l’eliminazione dell’inquinamento delle acque e del terreno, e la disponibilità di risorse idriche sono aspetti fondamentali per assicurare la salute dei cittadini e, sotto il profilo economico, per attrarre investimenti.”
In virtù di questo, il Piano vuole fornire gli strumenti per sostenere le politiche di contenimento del rischio, per individuare le priorità, ripartire i fondi e definire gli interventi di difesa del suolo e di tutela della biodiversità.
L’intenzione è in primo luogo quella di dotare il Paese di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione. Soluzioni all’avanguardia di sensoristica e di raccolta ed elaborazione dati saranno centrali per individuare il rischio idrogeologico, gli eventuali impatti sull’ecosistema e sulle infrastrutture, e programmare di conseguenza le contromosse più adeguate.
Gli investimenti nazionali per la tutela del territorio
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è l’occasione concreta per accelerare la transizione ecologica e mettere in sicurezza il territorio. Questi temi sono oggetto della Missione 2 del PNRR, denominata “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. Per questa parte del Piano sono stati stanziati circa 60 miliardi di euro, di cui 15 miliardi per la componente “Tutela del territorio e della risorsa idrica”.
La Componente 4 della Missione 2 mette dunque in campo azioni per rendere il Paese più resiliente ai cambiamenti climatici, proteggere la natura e garantire la sicurezza e l’efficienza del sistema idrico. Ciò si svilupperà attorno a due principali filoni di investimento.
Il primo di questi è mirato alla realizzazione di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione. L’utilizzo di tecnologie avanzate consentirà il controllo da remoto di ampie fasce territoriali, ottimizzando l’utilizzo delle risorse. I dati di monitoraggio costituiranno le fondamenta per definire piani di prevenzione dei rischi e di risposta al cambiamento climatico.
Il secondo filone di investimenti punta invece a prevenire e contrastare gli effetti del cambiamento climatico attraverso misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico. Queste comprendono interventi strutturali, finalizzati a mettere in sicurezza da frane e allagamenti, e interventi non strutturali, fondati sul mantenimento del territorio, sul monitoraggio e sulla prevenzione.
Il mercato della sensoristica ambientale
La necessità di monitorare il territorio sta facendo impennare l’adozione dei sensori ambientali, come ad esempio quelli che controllano parametri come pressione, temperatura, umidità, livelli idrici, prodotti chimici, fumi e altro ancora. Questi sensori sono utilizzati perché capaci di rilevare gli inquinanti nell’aria o nel suolo, la portata di un fiume, lo scivolamento del terreno, la presenza di incendi boschivi e altre situazioni di pericolo. Nel 2020, il mercato globale dei sensori ambientali è stato valutato in 1,43 miliardi di dollari. La previsione è che raggiungerà i 3,86 miliardi entro il 2030. A spingere la crescita c’è la domanda dei comparti industriali, manifatturieri e agricoli, oltre alle politiche nazionali orientate a contenere il rischio idrogeologico e l’inquinamento.
La diffusione dei sensori ambientali è favorita in particolar modo dall’affermarsi della tecnologia MEMS (Micro Electro-Mechanical Systems) che permette la miniaturizzazione della sensoristica. Altre tendenze del mercato sono la capacità dei sensori di rilevare i dati in tempo reale, l’aumento della loro sensibilità, il funzionamento in rete wireless e la velocità di elaborazione.
L’innovazione tecnologica per gestire il rischio idrogeologico
Il cambiamento climatico è tra le principali minacce alla salute del territorio e mette in pericolo l’incolumità della popolazione, delle imprese, degli ecosistemi, dei beni naturali e archeologici.
Consapevole delle proprie fragilità, l’Italia sta cercando nell’innovazione tecnologica una risposta per prevenire e gestire il rischio idrogeologico. Grazie alle soluzioni di rilevamento ambientale oggi è possibile intercettare tempestivamente i cambiamenti nell’ambiente e prevedere le possibili conseguenze. Per questo, le tecnologie di monitoraggio saranno sempre più utilizzate per prevenire rischi idrogeologici come frane e inondazioni, ma anche per rilevare incendi, gas serra e livelli di inquinamento atmosferico. Come sempre, la migliore difesa è la prevenzione. La digitalizzazione e i principi dell’Industria 4.0 applicati all’ambiente possono essere la chiave per frenare il dissesto del territorio, proteggere i cittadini, vivere in città sempre più sostenibili e tutelare le ricchezze del nostro Paese.