Negli ultimi anni in Italia sono stati diversi i cavalcavia o viadotti che hanno avuto dei cedimenti provocando in alcuni casi diverse vittime e feriti. Dal 2004 ad oggi se ne contano circa 7 includendo l’ultimo caso più emblematico fra tutti per entità e vittime: il crollo del ponte Morandi di Genova.

Questi tragici incidenti hanno portato inevitabilmente a una maggiore attenzione dell’opinione pubblica: sono stati in molti a interrogarsi circa le cause dei crolli e lo stato di salute delle infrastrutture viarie. Nel corso degli ultimi mesi si è anche cercato di capire di chi è la responsabilità di questi gravi incidenti e quali sono le modalità di manutenzione adottate sui ponti a rischio.

Si è inoltre parlato anche dei nuovi strumenti di “Smart Monitoring”, che hanno già trovano applicazione in fase sperimentale e che possono aiutarci a sorvegliare la tenuta di queste infrastrutture.

Ed è proprio di un più attento monitoraggio che hanno bisogno i 10mila ponti a rischio su cui è necessario intervenire. Questa stima deriva dalla somma degli studi e delle analisi di architetti, ingegneri e ricercatori universitari e dalle mappature e dagli esposti alle prefetture e alle procure della Repubblica.

Da Nord a Sud, senza distinzioni, è lunga la lista dei “sorvegliati speciali”.

A pochi giorni di distanza dalla tragedia di Genova, il quotidiano La Stampa ha pubblicato un’infografica riepilogativa, che abbiamo utilizzato per individuare i principali ponti a rischio in Italia. Eccoli qui di seguito.

Se sulla A6, Torino-Savona, sono in corso interventi su 8 ponti, in Veneto i ponti attualmente monitorati sono ben 80. In Lombardia sono tre i ponti sorvegliati speciali – 10, 12 e 14 sullo svincolo 26 della superstrada Milano-Meda, che sono monitorati in attesa dell’avvio dei lavori.

Critica la situazione anche a cavallo del fiume Po. Qui sono tre i ponti che necessitano di restauri: il Po Viadana di Borretto, il Colorno di Castelmaggiore e il Ragazzola di San Daniele.

Arrivando in Centro Italia, è in Abruzzo che troviamo 2 ponti a rischio: sorvegliati speciali sono i viadotti autostradali A24 e A25. Nel Lazio, a Civitavecchia, sorvegliato speciale è il ponte sulla Braccianese-Claudia.

Al Sud la situazione non migliora. In Campania sono in atto verifiche strutturali sul viadotto Manna ad Ariano Irpino. Spostandoci in Puglia è invece il viadotto Trani sulla 16 bis a suscitare non poche preoccupazioni. In Calabria si registra il caso del ponte Bisantis, uno dei più grandi in Europa e nel mondo per ampiezza della luce.

In Basilicata e in Sicilia ritroviamo altri 2 ponti progettati dall’architetto Riccardo Morandi, entrambi monitorati a causa degli evidenti segni di cedimento.

Sono stati diversi gli organi di stampa a riportare la considerazione secondo la quale il pessimo stato di molti ponti italiani sia legato all’età dei manufatti. In un suo articolo, il giornalista Francesco Pacifico, scrive: “Gli esperti spiegano che dopo mezzo secolo i manufatti in cemento armato iniziano a mostrare le prime crepe. Prima si scalfisce il calcestruzzo che fa da copriferro, successivamente diventano preda degli agenti atmosferici le armature e i pilastri. E a quel punto le strutture si arrugginiscono, si allentano, si sgretolano fino a crollare.”

Noi crediamo invece che il ciclo di vita di una infrastruttura non abbia una durata prestabilita e che il suo eventuale decadimento non abbia a che fare solo con l’età anagrafica dell’opera. Le variabili che contribuiscono al degrado di un ponte possono essere  diverse. Ciascuna infrastruttura avrà quindi una risposta diversa alla medesima sollecitazione.