Le lampade a radiazione UV- C hanno un’ottima efficacia nel neutralizzare il coronavirus SARS-COV-2. Ad affermarlo è lo studio sperimentale condotto dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, dall’Università Statale di Milano, dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dall’IRCCS Fondazione Don Gnocchi.
Il potere germicida su batteri e virus delle lampade a radiazione UV-C era già noto, tuttavia non era ancora stata stabilita la dose di raggi UV necessaria per rendere innocuo il Covid-19. Dopo una calibrazione molto attenta effettuata dai ricercatori, è stato accertato che è sufficiente una dose molto piccola (3,7 mJ/cm2) per inattivare e inibire la riproduzione del virus di un fattore 1000, indipendentemente dalla sua concentrazione. Dosi così piccole permettono dunque a imprenditori e operatori pubblici di sviluppare sistemi e attuare protocolli ancora più efficaci per la disinfezione contro il coronavirus.
L’impatto della stagionalità sul virus
Il risultato dello studio è stato molto importante anche per comprendere come i raggi ultravioletti prodotti dal Sole – e quindi la stagionalità – possono incidere sullo sviluppo della pandemia: in questo caso ad agire non sono però i raggi ultravioletti corti UV-C, ma gli UV-B e gli UV-A.
In accordo con i dati dello studio condotto dai ricercatori italiani, e come dimostrato da una recente misura in luce UV-A e UV-B dal laboratorio di Biodifesa del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, in estate bastano pochi minuti – soprattutto nelle ore più calde – perché la luce ultravioletta del Sole renda inefficace il virus.
I risultati dello studio italiano sembrano infatti spiegare anche il motivo per il quale la pandemia Covid-19 si sia sviluppata con più potenza nell’emisfero nord durante i primi mesi dell’anno, per poi far registrare il suo picco nei paesi dell’emisfero sud. L’attenuazione del contagio nei mesi estivi potrebbe essere tuttavia stato influenzato da altri fattori: solo in autunno potremmo quindi verificare l’effettiva efficacia del Sole nel neutralizzare il virus.
Come le lampade a radiazione UV-C aiutano a ridurre i contagi
La luce UV-C è stata ampiamente usata per oltre 40 anni nella disinfezione da una serie di agenti patogeni di acqua potabile, acque reflue, aria, prodotti farmaceutici e superfici. La disinfezione UVC è spesso associata ad altre tecnologie in maniera tale che, se un agente patogeno non viene ucciso da un metodo, è reso inattivo da un altro. Le lampade a radiazione UV-C possono quindi essere installati a supporto di processi di sterilizzazione esistenti, rendendo ancora più sicuri i protocolli per il contrasto e il contenimento del Covid-19. La normale igiene e disinfezione delle superfici può infatti lasciare delle contaminazioni residue che possono essere trattate con gli UVC per eliminare del tutto l’agente patogeno.
Le lampade a radiazione UV-C sono sicure?
Come qualsiasi sistema di disinfezione, anche le lampade a radiazione UV-C devono essere utilizzate correttamente per essere sicure. Bastano infatti pochi secondi di esposizione ai raggi UV-C per provocare danni eritemali a cute e occhi, tanto maggiori quanto maggiore è la durata dell’esposizione. Per prevenire danni da esposizioni è quindi necessario addestrare il personale al corretto utilizzo delle lampade a radiazione UV-C e segnalare adeguatamente la loro presenza. Qualche accortezza è dunque necessaria, ma ancora una volta la tecnologia ci aiuta a offrire un più elevato livello di tutela della salute e un maggiore livello di sicurezza. In questo caso in particolare può diventare un ulteriore arma di difesa contro eventuali rischi di contagio.