Anche prima degli Smart Building ci sono stati edifici intelligenti. Centinaia o addirittura migliaia di anni fa si realizzavano costruzioni più efficienti dal punto di vista energetico e più rispettose dell’ambiente rispetto a molti degli edifici odierni.
Le costruzioni antiche erano ad esempio progettate per sfruttare i venti in estate o per ricevere la massima luce solare in inverno. Quando gli edifici si adattavano al loro ambiente, erano anche in grado di risparmiare risorse. Erano insomma sostenibili prima ancora che esistesse questa parola.
Oggi ci affidiamo in modo crescente alle tecnologie più avanzate, come la Building Automation, per cercare di risolvere problemi come il sovrasfruttamento delle risorse energetiche o le massicce emissioni di CO2. Non dobbiamo però scordare le tecniche costruttive antiche e valutare se alcune di esse possano essere recuperate e implementate per ridurre l’impatto sull’ambiente e risparmiare sui costi energetici.
Edifici intelligenti: la progettazione passiva
Quando parliamo di efficienza energetica di un edificio intendiamo la diminuzione della quantità di energia utilizzata dalla struttura per funzionare e offrire comfort a chi vi abita.
Nello scenario attuale, sia la costruzione dell’edificio, sia gli impianti interni (come ad esempio i sistemi di climatizzazione) impiegano grandi quantità di energia. Dal momento che la popolazione mondiale sta progressivamente aumentando, con grave incidenza sulla domanda di energia e sui suoi costi, occorre pensare ad alternative praticabili per contenere questi consumi.
Alcuni suggerimenti ce li può dare il passato. Prima ancora che fossero inventate l’energia elettrica o le moderne tecniche costruttive, la progettazione degli edifici ricercava il comfort termico naturale sfruttando metodi di raffrescamento in estate e di riscaldamento in inverno. I nostri antenati erano insomma consapevoli di cosa fosse la “progettazione passiva”, ossia lo studio di soluzioni architettoniche che potessero sfruttare l’energia naturale come la luce solare, il vento o le differenze di temperatura. È possibile applicare le tecniche antiche nell’edilizia moderna in modo da poter consumare sempre meno energia?
I sistemi di climatizzazione degli antichi Egizi, Greci e Romani
La tecnologia basata sull’energia solare è spesso vista come una soluzione futuristica. Spesso non consideriamo che è invece una tecnologia legata al passato. Prima che le civiltà si affidassero ai combustibili fossili, la fonte energetica principale era infatti il sole. Le conoscenze astronomiche e meteorologiche venivano sfruttate per rendere le case più confortevoli dal punto di vista termico.
Gli antichi Egizi sono stati i primi a utilizzare l’energia solare su larga scala per riscaldare le loro dimore. Progettavano le abitazioni per immagazzinare il calore del sole nelle pareti degli edifici durante il giorno e per rilasciarlo dopo il tramonto. Anche i Greci, i Romani, i nativi americani e i cinesi usavano tecniche simili per regolare la temperatura nelle loro case.
Gli edifici intelligenti dell’antica Grecia avevano grandi finestre rivolte a sud per sfruttare i raggi solari più intensi per il maggior tempo possibile. Per tenere calde le loro case in inverno, i Greci costruivano i muri esposti a nord più spessi degli altri, evitando di lasciare aperture. Inoltre, sul lato settentrionale della casa venivano solitamente piantati alberi sempreverdi, come gli ulivi, in modo che il loro fogliame facesse da barriera ai freddi venti del nord. Sul lato sud si piantavano invece alberi decidui che, senza fogliame, non impedivano al sole di riscaldare la casa in inverno.
Oltre a questo, i Greci utilizzavano spesso un’estensione del tetto sopra le porte e le finestre rivolte a meridione. La dimensione e l’inclinazione di questa estensione erano calcolate per evitare che i raggi solari entrassero in casa in estate (quando il sole è alto) e per permettere che raggiungessero la facciata in inverno (quando l’orbita solare è più bassa).
E poi, ovviamente, come trascurare il ruolo della calce bianca che ricopre tuttora la maggior parte delle case dell’Egeo? Il bianco, che riflette la luce, riduce al minimo il calore del sole. Inoltre, la calce utilizzata per imbiancare le pareti possedeva una serie di utili proprietà come la disinfezione, l’assorbimento dell’umidità, la prevenzione degli insetti e altre ancora.
Gli antichi Romani usavano molte di queste stesse tecniche per le loro abitazioni e anche per i loro famosi bagni. Le terme venivano riscaldate con sistemi di stufe a legna – gli ipocausti – con i quali il calore era condotto attraverso cavità sotto il pavimento o all’interno delle pareti. Ma anche Roma, a un certo punto, ebbe problemi di “sostenibilità”. Divenne così dissoluta nell’uso del legno che questa risorsa iniziò a scarseggiare. Per ovviare al problema, gli architetti dell’epoca iniziarono a progettare le terme con le pareti meridionali costituite interamente da finestre. Gli ambienti interni venivano così scaldati anche dal sole, riducendo la necessità di bruciare grandi quantità di legname.
I segreti dell’architettura indiana che rendono intelligenti gli edifici antichi
Il clima particolarmente caldo e umido dell’India ha aguzzato l’ingegno degli antichi architetti indù e moghul. Senza aria condizionata o moderni ventilatori, riuscivano comunque a ottenere ambienti interni freschi e confortevoli.
Uno dei “trucchi” più efficaci per raffrescare i palazzi era rappresentato dal bawdi, il “gradino”. Innalzando le fondamenta dell’edificio rispetto al suolo, si ricavava una vasca sottostante profonda circa quattro metri, che veniva riempita d’acqua come una piscina. Questa soluzione riusciva ad abbassare le temperature dello spazio circostante, grazie alle proprietà mitigative dell’acqua.
Un altro espediente utilizzato dai “designer” dell’epoca era quello del doppio involucro: due muri distanziati di un metro. Quello più esterno era caratterizzato da jaali, pietre perforate simili a grate, che consentivano al vento di penetrare nella galleria fra i due muri e poi nelle stanze dell’edificio attraverso finestre presenti sul muro interno. Il muro esterno faceva dunque entrare l’aria favorendo la ventilazione e il raffrescamento degli ambienti; quello interno proteggeva dall’irraggiamento diretto e dal surriscaldamento.
Un bell’esempio è il palazzo Man Singh a Gwalior, nel cuore dell’India, fatto costruire tra il 1486 e il 1516 dal sovrano Man Singh Tomar. Qui, la funzione raffrescante degli jaali – presenti su tutti i lati del palazzo – è molto rilevante. Il vento riesce facilmente a penetrare il muro esterno e a fluire dentro l’edificio. Il muro interno, per proteggere dal caldo, ha uno spessore di quattro metri ed è rivestito di piastrelle di ceramica smaltata. Queste piastrelle colorate hanno sia uno scopo estetico, sia una funzione termoregolatrice, agendo da isolante termico.
Inoltre, le pareti interne e i pavimenti del palazzo sono realizzati in pietra arenaria, materiale che ha una bassa conduttanza termica e permette alla struttura di rimanere fresca seppure si trovi in un clima subtropicale come quello indiano. Anche il cortile interno all’edificio svolge un ruolo fondamentale: è un’apertura che crea correnti d’aria, aiutando a ventilare e a rinfrescare le stanze attorno.
La tecnologia islamica applicata agli edifici storici dell’Andalusia
Tra gli edifici storici mediterranei, l’architettura andalusa è l’esito di un processo di adattamento intuitivo e sperimentale all’ambiente circostante. In epoca medievale, i musulmani hanno affrontato le difficili condizioni climatiche di al-Andalus attraverso varie strategie di raffrescamento passivo, prestando attenzione al comfort termico.
In un contesto ambientale molto caldo e secco, case e palazzi progettati dall’architettura islamica rappresentano pregevoli applicazioni di antiche strategie bioclimatiche. Gli edifici intelligenti del periodo tenevano in considerazione questioni come la protezione dalle radiazioni solari, l’inerzia termica, l’orientamento della struttura, i sistemi di ombreggiamento, la massa dei muri portanti, i materiali di rivestimento, le aperture e le schermature sulle facciate a vista, l’utilizzo di portici e di vegetazione.
La Torre de las Infantas (“torre dei bambini”), nell’Alhambra di Granada, rappresenta un esempio significativo dell’uso ideale di strategie passive per il raffrescamento. La struttura è stata costruita durante il regno di Maometto VII (1392-1408) e si trova sulle mura esterne orientali del complesso palaziale.
La torre si sviluppa su due piani attorno a uno spazio centrale che funge da cortile. Gli ambienti, rivestiti in legno, sono ventilati e illuminati da bifore poste davanti agli archi di ingresso. La sala a tutta altezza influenza il microclima interno dell’intera torre, favorendo diversi flussi d’aria. Nella Torre de las Infantas convivono infatti differenti tipologie di ventilazione naturale, come l’effetto camino, generato dall’atrio, e la ventilazione trasversale creata da finestre contrapposte.
È interessante notare anche la funzione delle mashrabiya – celosías in spagnolo – elementi tipici dell’architettura islamica in Andalusia. Una mashrabiya è una specie di finestra con una grata in legno intagliato. Un infisso particolare in grado di schermare il passaggio della luce e dell’aria, riducendo la temperatura e aumentando l’umidità.
Un ruolo fondamentale lo hanno anche le finestre in cima alla torre. Attraverso la loro apertura, il flusso e la velocità dell’aria interna possono variare le distribuzioni di temperatura e pressione. A seconda delle varie configurazioni scelte, con celosías e finestre chiuse o aperte, era dunque possibile ottenere effetti microclimatici differenti. Ciò evidenzia come questi espedienti tecnici abbiano grandi potenzialità di “climatizzazione”.
L’edilizia moderna può sfruttare le tecniche più antiche?
Negli “edifici intelligenti” antichi si utilizzavano tecniche di progettazione passiva così efficaci che garantivano comfort termico in tutte le stagioni. Spesso gli edifici moderni mancano completamente di questi accorgimenti, diventando a tutti gli effetti strutture inefficienti ed energivore.
Le tecniche di climatizzazione passiva utilizzate dai nostri avi sono generalmente il risultato di un processo di adattamento al clima ambientale e agli stili di vita delle persone. Per questo si può dire che l’architettura antica è all’origine dell’edilizia bioclimatica, oltre a rappresentare un esempio di edilizia sostenibile sviluppata in risposta alle condizioni di uno specifico territorio e alle esigenze della sua popolazione.
Gli antichi ci hanno insegnato che le strategie passive sono una strada percorribile per ottenere un clima gradevole anche senza impianti alimentati a energia elettrica. Oggi questi insegnamenti possono tornare utili per ridurre l’installazione di soluzioni impiantistiche invasive, per contenere i consumi di risorse naturali e per avere edifici sempre più intelligenti prima ancora che Smart.