La normativa italiana sulle comunità energetiche rinnovabili deriva dalla Direttiva europea RED II del 2018, elaborata con lo scopo di portare benefici ambientali, economici e sociali ai membri delle aggregazioni.

Oggi, le comunità energetiche sono regolate dall’articolo 42-bis del Decreto Legge 162/2019 (convertito nella Legge 8/2020), dai relativi provvedimenti attuativi e dal Decreto Legislativo 199/2021. In particolare, il decreto del 2021 ha voluto dare una spinta alla crescita sostenibile del nostro Paese, allineandolo agli obiettivi di decarbonizzazione fissati al 2030 e al 2050.

Smart community: di cosa parliamo

Le comunità energetiche, o smart community, sono aggregazioni di consumatori che si uniscono per produrre energia rinnovabile destinata all’autoconsumo. A queste aggregazioni possono partecipare cittadini privati, imprese ed enti di vario tipo, che da semplici “consumer” diventano “prosumer”, cioè produttori-consumatori.

Una comunità energetica è dunque un insieme di persone incentrato sull’energy sharing. Questa condivisione di energia avviene attraverso una smart grid, ossia un sistema distributivo intelligente che permette di integrare anche le fonti energetiche “non programmabili” e di stoccare l’energia prodotta, bilanciando deficit e surplus nella rete.

In un contesto energetico complesso come quello che ha caratterizzato l’ultimo anno, le comunità energetiche sono una delle risposte alle questioni ambientali ed economiche che l’Italia e l’Europa sono tenute ad affrontare. Prima di tutto, affidarsi maggiormente alle energie rinnovabili è un beneficio per l’ambiente.

In secondo luogo, usufruire di energia autoprodotta, senza acquistarne dalla rete nazionale, è un grande vantaggio economico per l’utente. Inoltre, grazie agli incentivi fiscali e alla possibilità di vendere l’energia prodotta in eccesso, per i membri di una comunità energetica il ritorno dell’investimento effettuato sulle tecnologie necessarie avviene in pochi anni.

Cosa dice la normativa sulle comunità energetiche

Il D.Lgs. 199/2021 ha l’obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile dell’Italia: la nuova normativa sull’utilizzo dell’energia da fonti rinnovabili e sulle comunità energetiche persegue infatti gli obiettivi europei di decarbonizzazione.

La normativa italiana specifica innanzitutto che le CER – Comunità Energetiche Rinnovabili – sono soggetti giuridici fondati sulla partecipazione aperta e volontaria. Possono essere costituite da persone fisiche, enti locali, piccole e medie imprese, con l’obiettivo di fornire benefici ambientali, economici o sociali alla comunità e alle aree in cui agiscono. Il D.Lgs. 199/2021 ha introdotto alcune novità rispetto al passato riguardo le dimensioni, l’allacciamento e l’età degli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili.

Innanzitutto, si è stabilito che possono partecipare a una determinata CER soltanto coloro che sono connessi alla rete di distribuzione dalla stessa cabina primaria. Allo stesso tempo, però, è stato allargato il perimetro delle CER: le comunità energetiche possono coinvolgere i residenti di più comuni, non solo quelli di singoli paesi o quartieri.

La recente normativa italiana sulle comunità energetiche ha ampliato anche la platea dei soggetti ammessi alle community. Oltre alle famiglie, alle PMI e agli enti locali, possono partecipare enti religiosi, di ricerca e del terzo settore.

Un’altra novità introdotta dal D.Lgs. 199/2021 riguarda la potenza massima del singolo impianto, portata a 1.000 kWp. Inoltre, possono aderire alla comunità energetica anche impianti FER già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto, ma fino al 30% della potenza complessiva della comunità.

Comunità energetiche in Italia: alcuni esempi italiani

La prima comunità energetica rinnovabile è nata nel 2020 a Magliano Alpi, in provincia di Cuneo. La comunità – denominata “Energy City Hall” – è stata promossa proprio dal Comune, che ha messo a disposizione due impianti fotovoltaici per un totale di 40 kW. La smart community include strutture pubbliche e private: la sede comunale, la biblioteca, le scuole, una palestra, le residenze di alcuni cittadini e due colonnine di ricarica. Il progetto è stato realizzato anche grazie alla collaborazione dell’Energy Center del Politecnico di Torino.

GECO (Green Energy COmmunity) è il nome del progetto nato a Bologna nel 2019 che ha coinvolto il CAAB – Centro AgroAlimentare di Bologna – e i residenti del quartiere Pilastro. I 120.000 metri quadrati di pannelli solari del CAAB producevano energia che veniva ceduta alle famiglie residenti nel quartiere.

Con oltre 5.000 partecipanti, sarebbe stata la CER più grande d’Italia. L’aggiornamento della normativa sulle comunità energetiche – per ottenere gli incentivi, chi scambia energia deve essere collegato alla stessa cabina primaria e ciò non avveniva nel caso in oggetto – ha interrotto lo sviluppo del progetto. I residenti del Pilastro hanno però rimodulato la comunità trovando nuovi “alleati”: la parrocchia, un centro commerciale e una banca.

A Ragusa è sorta invece la prima CER fra aziende agricole. La comunità comprende quattro aziende che possiedono in totale 60 ettari di terreno. Queste realtà condividono l’energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico da 200 kW, realizzato sulle coperture degli immobili delle stesse aziende.

L’impianto fotovoltaico produce oltre 300 MWh e immette in rete circa 240 MWh, interamente consumati dai quattro membri. Grazie all’impianto fotovoltaico, si stima che ogni anno venga evitata l’emissione di oltre 120 tonnellate di CO2. In più, la comunità può beneficiare di incentivi economici ventennali.