Le comunità energetiche saranno uno degli strumenti che favoriranno la transizione verso modalità di produzione e consumo di energia più sostenibili. I segnali di allarme che il nostro pianeta ci sta inviando sugli effetti negativi di una società high-carbon non sono più ignorabili. Oltre a cambiamento climatico e perdita di biodiversità, il modello attuale di produzione energetica ha causato diseguaglianze sociali e sprechi di risorse economiche.
Governi, imprese e singoli individui sono chiamati dunque a ripensare al loro modo di interagire con il pianeta e, quindi, di utilizzare energia. Una soluzione, come spesso capita, ce la forniscono le nuove tecnologie, che rendono possibile ciò che prima non lo era. I nuovi strumenti tecnologici si devono però fondere con nuovi modelli sociali responsabili e partecipativi.
Una comunità energetica è una di quelle soluzioni che sposano tecnologia e civismo. Attraverso di esse, i cittadini si coalizzano per produrre da sé energia e scambiarsela. Si tratta di un fenomeno in forte crescita: si stima infatti che da qui al 2050 oltre 250 milioni di cittadini dell’Unione Europea parteciperanno al mercato dell’energia come consumatori-produttori, generando quasi la metà dell’elettricità rinnovabile complessiva.
Che cos’è una comunità energetica
Le comunità energetiche sono in pratica gruppi di utenti che collaborano tra loro per produrre, consumare e gestire l’energia generata da uno o più impianti energetici locali. Le comunità energetiche, nelle loro varie declinazioni, hanno lo stesso obiettivo: fornire ai membri energia rinnovabile a prezzi accessibili.
Ciò avviene grazie a impianti di generazione locale (fotovoltaici o biomasse, ad esempio) e sistemi di accumulo che soddisfano il fabbisogno energetico di privati, aziende ed enti di un certo territorio. Tramite questa logica di produzione energetica decentralizzata e localizzata, la comunità realizza principi di autoconsumo e collaborazione, attuabili all’interno di condomini, quartieri o distretti.
Le comunità energetiche sono dunque aggregazioni che producono in proprio e condividono energia rinnovabile e pulita. Favoriscono la lotta allo spreco energetico e la condivisione di energia a un prezzo concorrenziale.
Dal concetto di consumer a quello di prosumer
Le comunità energetiche si basano sul concetto di prosumer. Il termine si riferisce all’utente che, oltre a essere consumer (consumatore), ricopre anche il ruolo di producer (produttore).
Nel caso delle comunità energetiche, il prosumer è chi possiede un proprio impianto di produzione di energia. Dell’energia prodotta, una parte viene consumata direttamente, mentre la quota restante viene immessa in rete e scambiata con gli altri membri della comunità. Il prosumer è dunque un protagonista attivo nella gestione dell’energia. Questa posizione gli può garantire autonomia da fornitori terzi, nonché benefici economici.
Produrre, accumulare e consumare energia prodotta da un impianto di generazione locale consente così al prosumer di contribuire attivamente alla transizione energetica e allo sviluppo sostenibile.
Comunità energetiche: la normativa
Le comunità energetiche rinnovabili sono state introdotte dalla Direttiva europea RED II del 2018, con lo scopo di portare benefici ambientali, economici e sociali ai membri delle aggregazioni.
In Italia, questi principi sono stati accolti dal Decreto Milleproroghe 2020. In particolare, l’articolo 42-bis introduce la possibilità di creare comunità energetiche e di attivare progetti di autoconsumo collettivo di energia da fonti rinnovabili.
Grazie a questo decreto, l’Italia definisce il concetto di comunità energetiche, realtà presenti ormai da diversi anni nel Nord Europa. Anche nel nostro Paese, in realtà, singoli cittadini o gruppi di aziende potevano già unirsi per finanziare l’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, ma non era ancora previsto che gli impianti potessero servire più utenze.
Le tecnologie utilizzate per condividere l’energia
Il successo delle comunità energetiche dipende dall’adozione di diverse tecnologie. Sono tecnologie che riguardano la generazione di energia rinnovabile, la rete di distribuzione intelligente, i sistemi di accumulo.
Impianti di generazione – Gli impianti di generazione di energia da fonti rinnovabili sono il cuore delle comunità energetiche e della transizione ecologica. Gli impianti possono essere ad esempio fotovoltaici, eolici, a biomasse o biogas.
Tecnologie per l’accumulo – Un sistema di accumulo ha la capacità di immagazzinare energia elettrica per poi distribuirla alle unità di consumo quando serve. Gli energy storage sono spesso necessari perché le fonti rinnovabili utilizzate per la produzione di energia elettrica, come quella fotovoltaica, sono fonti non programmabili. Inoltre, molto spesso la massima produzione energetica da fonti rinnovabili si verifica durante periodi di bassa richiesta energetica.
Energy box – I membri della comunità energetica devono installare un Energy box, un dispositivo che collega l’edificio e l’impianto alla rete locale. L’Energy box integra diversi sensori e permette di condividere in tempo reale le informazioni su produzione, autoconsumo e prelievo di energia. I dati di ogni edificio vengono trasmessi a una piattaforma cloud di aggregazione, dove sono immagazzinati in un database e analizzati.
Smart Grid – La “rete elettrica intelligente” collega i membri della comunità e sfrutta tecnologie digitali all’avanguardia per raccogliere informazioni, elaborarle e reagire di conseguenza. La Smart Grid serve a ridistribuire autonomamente l’energia elettrica tra i diversi nodi collegati a seconda delle reali esigenze. Grazie ad essa, chi possiede l’impianto di generazione connesso in rete (il prosumer) può dunque condividere con i consumer l’energia in eccesso.
I vantaggi delle comunità energetiche
Le comunità energetiche favoriscono il risparmio e l’efficienza energetica delle famiglie. A livello industriale, possono dare maggiore competitività alle aziende locali, riducendo consumi e costi di approvvigionamento.
In sintesi, possiamo raggruppare i vantaggi di una comunità energetica in tre macro-categorie.
- Benefici ambientali – Impiegando le fonti rinnovabili si evita di produrre energia da fonti fossili e le relative emissioni. Un impianto locale, e quindi vicino all’utente finale, riduce inoltre al minimo il dissipamento dell’energia lungo la rete.
- Benefici sociali – La comunità locale può godere di vantaggi economici, tradotti in maggiore autonomia energetica, e di vantaggi ambientali, rappresentati da una riduzione di inquinanti e climalteranti nel territorio.
- Benefici economici – I membri delle comunità energetiche possono risparmiare sui costi in bolletta e ricorrere agli incentivi statali relativi alla transizione energetica, cumulabili con altre misure quali il Bonus Casa e il Superbonus 110%.
Comunità energetiche e Sharing economy
Le nuove tecnologie offrono opportunità che i cittadini di tutto il mondo stanno già iniziando a sfruttare. Unendo le forze, i singoli individui diventano comunità, contribuendo alla costruzione di una società più equa e sostenibile.
Le comunità energetiche rappresentano così un brillante esempio di economia collaborativa, la cosiddetta sharing economy, un modello economico che produce e scambia beni e servizi, ma anche una strategia alla base dell’economia circolare. Se infatti la sharing economy è intesa come una rete di individui e organizzazioni basata sulla condivisione e sullo scambio, le comunità energetiche rientrano a pieno titolo in questo paradigma “ispirato dal progresso”.